Nel contesto socio-politico che stiamo vivendo attualmente, caratterizzato non solo dalla Pandemia in corso, ma anche dalla sfiducia ormai pienamente manifestata da parte dei cittadini nei confronti dei partiti politici e della classe dirigente in Italia, emerge sempre più chiaro un auspicio o meglio un concreto desiderio di ritornare alle radici di quell’idea che ha caratterizzato la nascita della nostra Nazione e nello stesso tempo quella prospettiva europea i cui lavori sono ancora in corso.
Una parte fondamentale nel processo di costruzione del Paese spetta sicuramente al Movimento Cattolico, tramite quei Padri nobili che hanno avuto modo di dare con le loro battaglie sociali, l’adesione alla politica programmatica e l’eredità dei loro scritti, una chiara prospettiva da seguire e programmi concreti da realizzare.
Ho avuto l’opportunità di leggere un bellissimo articolo comparso il 22 dicembre 2020, sulla pagina Facebook di Politica Insieme scritto dal professore Flavio Felice, persona (non solo in questo caso) dalle idee e proposte dal punto di vista economico – politico chiare, dimostrando nello stesso tempo in ciò che scrive un forte ancoramento in quel messaggio dei Padri del cattolicesimo di stampo liberale di cui dicevo. Il titolo dell’articolo è: “I cattolici e il giudizio sul liberalismo”.
Faccio totalmente mia la denuncia perpetrata sempre da Felice soprattutto nel momento in cui pone in evidenza un elemento a mio parere cruciale quando parla di «un deficit di cultura liberale da parte dei democristiani di seconda generazione». Ciò che ha determinato una visione “pluralista” all’interno del mondo cattolico è proprio questa ignoranza riguardo a quegli indirizzi contenuti all’interno del primo soggetto partitico di ispirazione cristiana: il Partito Popolare. Ha pienamente ragione Felice quando dice che De Gasperi è stato tra coloro che hanno fatto propria l’esperienza liberale sturziana «e tentato di trasmettere alla generazione di democratici cristiani vissuti nel ventennio fascista e infarciti di cultura politica ed economica di tipo corporativistico».
La nascita di un nuovo soggetto di ispirazione cristiana dunque nel contesto attuale a cosa dovrebbe mirare?
Partiamo come dice sempre lo stesso Felice, da una situazione di divisione nel mondo cattolico, una frattura multipla che necessariamente deve essere ricomposta perché la fondazione di un nuovo partito politico possa avere effetto: «La divisione interessa proprio quel perno teorico dal quale siamo partiti: la consapevolezza del merito da attribuire alla cultura liberale». In secondo luogo bisogna tener conto che ancora oggi portiamo nel nostro vissuto socio-politico delle questioni non risolte. Le possibilità di risoluzione risiedono proprio in quell’eredità scritta che ci hanno lasciato i padri del Cattolicesimo liberale, che in non pochi casi non sono conosciuti da coloro che ritengono di esserne gli eredi oppure sono ancora chiusi in bauli che nessuno si è mai degnato di aprire e studiare.
Prima di affossare alcuni temi fondamentali come l’economia sociale di mercato, bisognerebbe ben conoscere da dove essa sia scaturita, di come a differenza di qualcuno che fa passare per nuove teorie fallimentari già attuate nel passato, essa non sia mai stata attuata pienamente.
A mio parere le parole di Felice non fanno altro che chiarire maggiormente la direzione da intraprendere nei confronti di un rinnovato impegno politico del mondo cattolico, che può avere possibilità di un’ottima riuscita, ma soprattutto rispondere alle attese del nostro popolo solo cominciando a lavorare alla risoluzione dei punti suddetti.
Se la fondazione di un nuovo soggetto politico di ispirazione cattolica in Italia per qualcuno può ancora significare un modo per salire sul proscenio della vita pubblica per interessi di alleanze o per un ritorno di un passato divenuto oggi neostatalismo, corporativismo e neo-corporativismo manifestando una chiara ignoranza delle proprie radici, di questo soggetto non ne abbiamo assolutamente bisogno.