Lo sciopero generale proclamato dai Sindacati contro la manovra economica messa in campo dal Governo Draghi è il primo segnale che il tempo del governo di unità nazionale nato di necessità dopo il naufragio del Conte 2, va esaurendosi. La elezione del Presidente della Repubblica in un quadro condiviso ed unitario poi appare alquanto lontana, mentre è iniziata sotto traccia una dura campagna elettorale per la elezione del prossimo Parlamento. Ed ancora, lievita impercettibilmente e per fatti concludenti, l’idea di modificare in senso presidenziale la Costituzione, parallelamente alla progressiva liquefazione dei partiti storici. Il patto repubblicano di cui abbiamo scritto sta prendendo percorsi e cammini ed inattesi.

Sorge allora legittima la domanda se nei nuovi scenari politici che confusamente si profilano all’orizzonte possa mai nascere un partito di centro, autonomo dai due poli e caratterizzato da una forte identità cristiana, cioè ispirata ai valori del cattolicesimo sociale e politico. Domanda più che legittima considerando la diaspora e la trentennale irrilevanza dei cattolici impegnati in politica.

Nonostante ogni sforzo la migliore buona volontà generosamente profusa da tutti, sono tra coloro che propendono per una risposta negativa benchè sulla scena politica italiana ed europea, siano ormai giunte a maturazione alcune criticità che per i cattolici non possono più essere nascoste e che solo un partito fortemente identitario in senso cristiano può affrontare e risolvere definitivamente.

La prima criticità non più celabile è l’impazzimento dei diritti svincolati dalla ragione illuminata dalla fede. E’ questo il fatto che ha generato la cultura “won” e con essa l’esplosione inarrestabile delle tre terribili metastasi del mondo post moderno ed addirittura post umano: l’attacco alla vita nascente, cioè la libertà totale di aborto come naturale mezzo contraccettivo e di affermazione dei diritti della donna, l‘attacco al matrimonio fondato tra uomo e donna e dunque la distruzione della famiglia ed infine l‘idea che l’indeterminatezza del genere possa aprire la porta all’opzione soggettiva, libera e quodlibetale sul proprio modo di essere sessuale che in tal modo dovrebbe diventare fattore liberatore e liberante. Gli effetti di questa situazione sono la grave spaccatura del paese e la percezione ormai evidente e di quanto splendidamente spiegato da Benedetto XVI a Peter Seewald: “Una società che volta le spalle a Dio perde di senso”. E non mi dilungo oltre su questo punto.

La seconda criticità l cui soluzione non è procrastinabile è la mancanza di rappresentanza politica delle cento e cento liste civiche di ispirazione cristiana fiorite nelle elezioni degli Enti locali in questi ultimi anni, portatrici di idee e valori rimasti inespressi ma sospinti e rappresentati da una nuova e giovane classe dirigente che va raccolta e portata sulla scena politica nazionale ed Europea.

La terza ma non certo ultima criticità che voglio infine evidenziare è la afasia politica di movimenti ecclesiali di straordinaria forza e capacità di incidenza sociale, lasciati accuratamente nell’ombra e di fatto emarginate dalla scena politica. E penso ai vari movimenti “Pro vita”, al “Family Day”, alle 70 Associazioni che combattono contro l’eutanasia, alle splendide iniziative a difesa della libertà di insegnamento e delle scuole cattoliche, es a molte altre ancora. Mondi vitali importanti erroneamente relegati e confinati al pre politico ed al fatto culturale.

Punto di arrivo di questo insieme di situazioni è un effetto secondario non trascurabile ma non ancora ben percepito. La vera drammatica criticità è che l’equilibrio tra Stato e Chiesa si è alterato perché Cesare si è impossessato o vuole impossessarsi di ciò che è proprio ed esclusivo di Dio, cioè della razionalità creatrice. Il prepolitico è divenuto politico, fuoriuscendo dallo schema culturale ed andando ad incidere attraverso la forza della legge su interessi, modelli sociali, prospettive politiche, in altre parole sulla Costituzione Materiale, modificandola.

Questo insieme di questioni e problemi deve trovare una soluzione e dar vita ad una ricomposizione generalizzata della società civile. Certo la ferita dolorosa della rottura dell’equilibrio raggiunto nella prima Repubblica tra Stato e Chiesa è stata lenita in qualche modo alla meglio da una splendida sorpresa; un polo cattolico che è nato quasi naturalmente in Parlamento e che tuttavia ha generato anche un polo di segno opposto. E’ il contro – polo di quei cattolici hanno lottato per non modificare in nessuna parte il testo della legge Zan arroccandosi su una posizione di malintesa laicità. E’ il contro – polo formato da quanti hanno pensato e pensano che la eredità e del cattolicesimo politico e sociale possa essere garantita e difesa dall’ombra delle bandiere del Partito Comunista ieri, ed oggi di quelle fluttuanti e ondivaghe del PD. E’ l’effetto dell’onda lunga generata dalla scelta politica di quei cattolici che allora optarono allegramente per il Partito di Occhetto pensando di poter arginare “Mani Pulite” ed al contempo rinnovare la Democrazia Cristiana. Errore tragico preludio al ‘cupio dissolvi’ ed ala dolce morte di un suicidio generatore storico di diaspora e di subalternità irreversibile.

Verò però è anche un altro inequivocabile fatto. Il pregevole il lavoro avviato dal Governo Draghi e la stagione di riforme strutturali che il paese chiede, esige e postula l’apporto fattivo e concreto dei cattolici pena l’emarginazione da ogni processo di sviluppo della tutela del più debole e la creazione di gravi ed irreversibili squilibri sociali nazionali ed internazionali. La battaglia aperta dai Sindacati va presa in seria considerazione e deve trovare risposte adeguate usufruendo delle competenze specifiche che il mondo cattolico ha e che devono essere messe al servizio del paese.

Ecco allora spuntare dalla apertura della crisalide della scena politica italiana un forte polo cattolico che assume i vivaci e splendidi colori e connotati della grande e non sopita tradizione popolare che ha caratterizzato la storia dei cattolici impegnati in politica. Questo polo ha conseguito una splendida vittoria nella battaglia conto la legge Zan ma non è certo ancora un partito. E’ piuttosto un movimento, un centro di aggregazione di spinte ideali e di valori in coerente continuazione con un passato che non si è perso e non può perdersi. E’ un universo fortemente identitario, ricco e vitale, dal quale sgorga naturale una tensione ideale tesa e protesa verso la edificazione della la pace e della solidarietà tra le nazioni di un mondo ormai globale, e reso villaggio unico ma infettato da egoismi e avidità intollerabili di ‘elites’ prepotenti ed anticristiche. Il tema è aperto ed il lavoro per la realizzazione dell’agenda cattolica è impegnativo e vastissimo perché l’elenco dei problemi che ci sono di fronte e che attendono soluzione ve mai veramente si voglia rimettere in piedi ed in marcia il paese.

Ecco alla che i cattolici devono tornare ad un sano realismo ed iniziare a declinare correttamente e coerentemente i principi della Dottrina Sociale della Chiesa interpretando i segni dei tempi alla luce dei suoi insegnamenti. E’ un lavoro duro ed impegnativo, ma quanto va facendo lodevolmente governo Draghi va arricchito, completato e supportato da questo sforzo e da questo lavoro.

Qui però è indispensabile che Chiesa e Stato si alleino e convergano e quì anche la erroneità delle tesi di Monsignor Galantino: non possono essere i laici disgiunti o divisi dalla Gerarchia a costruire e poi raggiungere un obbiettivo tanto alto e tanto ambizioso. Il protagonismo laicale impegnato in politica non può essere avulso dalla attività di formazione, preparazione e sostegno spirituale della Gerarchia. Non sarebbe stata possibile la Democrazia Cristiana senza il lavoro silenzioso e splendido del Cardinal Montini nella formazione dei giovani Universitari cattolici ed ancor prima della battaglia di Papa Ratti contro il tentativo fascista di egemonizzare e monopolizzare l’educazione e la formazione della gioventù italiana.

Parimenti è impensabile che il polo cattolico possa ulteriormente fiorire e crescere all’ombra delle bandiere di chi coltiva pericolose ibridazioni tra secolarismo falsamente libertario e cattolicesimo sociale, perché “la proteina spike” del drammatico virus della irrilevanza dei cattolici in politica ha potuto fare i suoi danni e moltiplicarsi tranquilla proprio in quel brodo culturale. Ma non solo. La difficoltà europee a dialogare con le nazioni riunite nel patto di Visegrad, ma anche con le nazioni eredi della ‘Lega Anseatica’, nascono esattamente dall’aver reciso le radici cristiane dell’Europa volute e sognate dai Padre fondatori e non difese adeguatamente da quei gruppo che hanno optato per una costruzione europea ritmata dal secolarismo e dal Politicamente corretto.

Se tutto questo è vero, occorre allora trarre le debite conseguenze.

Il polo cattolico deve fiorire, crescere e alla fine trasformarsi in partito rimanendo in sintonia con quanti accolgono i suoi valori ed i suoi principi. Oggi questo può accadere solo collocandosi nell’ambito dell’area moderata, quella per capirci che ha sostenuto coraggiosamente la battaglia contro la legge Zan. E questo almeno fino a quando il polo cattolico non abbia raggiunta la massa critica necessaria al decollo di un partito autonomo, fortemente identitario e di centro. Questione certo di non facile soluzione almeno fino a quando permane la litigiosità di quei partiti che si autoproclamano eredi della D.C. rimanendo viceversa insignificanti al pari di altri partiti di nuovo conio e di identica zecca, ma nati vecchi e perciò egualmente irrilevanti. Occorre che tutti si decidano a fare un passo indietro per fare tutti un passo avanti.

L’opzione di operare nel versante moderato e liberale è dunque di necessità oltre che di utilità per contenere possibili derive di destra pur sempre latenti nel fluttuante scenario politico. E in questa area che deve prendere la spinta necessaria al decollo un centro aggregante, al contempo cattolico e liberale, proprio come fu per la grande stagione centrista che la vera eredità lasciata all’Italia da De Gasperi e dal Presidente della Repubblica: Luigi Einaudi. Eredità da recuperare ad ogni costo per completare il lavoro iniziato da Draghi con l’avvio del patto Repubblicano.

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